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Avvocato in diritto del lavoro e civile a Firenze

L'Avvocato Silvia Ventura, nata a Trieste il 04/01/1983, è iscritta all'Ordine degli Avvocati di Firenze dall'11.1.2012 e dal 2015 è altresì socio AGI - Associazione Giuslavoristi Italiani, iscritta alla Sezione Regione Toscana.
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Sentenze

  • BUONI SPESA, condannato il comune di Ferrrara per discriminazione dei cittadini extra-UE

     I cittadini extraeuropei non possono essere discriminati nell’accesso ai buoni spesa per il Covid-19, lo ha stabilito il Tribunale di Ferrara pronunciandosi su un ricorso presentato da un un gruppo di persone escluse dal beneficio, affiancate dall’Associazione degli Studi Giuridici sull’Immigrazione e dall’Altro Diritto, a causa dei criteri stabiliti dal Comune. 

     Il Comune di Ferrara, infatti, inserendo il requisito del possesso di documenti di soggiorno di lungo periodo per l’accesso ai buoni spesa, aveva escluso dal beneficio i titolari di permesso unico per lavoro e di lavoro autonomo, di studio, i titolari di protezione internazionale o nazionale, i richiedenti asilo e tutti gli altri stranieri presenti sul territorio. Il Giudice nella sua decisione ha sottolineato come a parità di condizione economica svantaggiata la discriminazione per nazionalità costituisca una violazione dei diritti fondamentali della persona e citando un’altra pronuncia del Tribunale di Roma ha affermato che: “L’assistenza e la solidarietà€ sociale devono, dunque, essere riconosciute non solo al cittadino, ma anche allo Straniero; nei limiti in cui poi si rifletta sul diritto alla alimentazione, quale bisogno primario di ogni essere umano, la disciplina normativa finisce per incidere – e come tale ad essere valutata – su quel “nucleo irriducibile” di diritti fondamentali della persona che lo Stato deve riconoscere a tutti.” 

    E’ stato confermato anche l’orientamento della Corte Costituzionale che pone un paletto fermo alla discriminazione su base nazionale e di residenza che precluda il soddisfacimento di bisogni primari della persona, sanzionando quelle norme che mirano a creare in questo ambito una gerarchia tra cittadini italiani e stranieri. Per queste ragioni il Tribunale ha ordinato al Comune di Ferrara di riformulare i criteri ingiustamente discriminatori consentendo la riapertura dei termini per le domande di accesso ai buoni spesa e condannato il Comune al pagamento delle spese processuali.

    Grazie a questa decisione si aprono sempre più spazi per i cittadini extra UE di far valere i propri diritti violati da scelte discriminatorie degli enti pubblici nell'erogazione di sussidi contro la povertà.

      

  • GRADUATORIA CASE POPOLARI: no alle discriminazioni tra italiani e stranieri sui documenti da presentare e sul punteggio legato alla residenza

    I documenti da presentare per il bando ERP, che attestano di non avere proprietà in un altro Paese devono essere uguali per i cittadini europei ed extraeuropei, lo ha stabilito il Tribunale di Ferrara in seguito ad un ricorso, promosso contro il Comune, da due donne sostenute dall’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione e dall’associazione Altro Diritto. 

     

    La giunta ferrarese aveva stabilito che i cittadini extraeuropei dovessero presentare documenti del Paese di origine che dimostrassero di non avere proprietà, poi di tradurli, tutto a proprie spese, per avere accesso al bando per le case popolari. Per i cittadini europei invece bastava una autodichiarazione per certificare di non avere proprietà all’estero. 


    Su questo punto il tribunale accogliendo il ricorso ha dichiarato che:

    “Chiedere, ai soli cittadini di paesi extraeuropei, la produzione di una documentazione aggiuntiva (peraltro particolarmente gravosa) rispetto a quella richiesta ai cittadini UE e italiani, in ordine all’impossidenza di beni al di fuori del territorio italiano con riguardo al “paese di origine”, integra una irragionevole disparità di trattamento/discriminazione tra cittadini europei ed extracomunitari non motivata dalla finalità della disciplina relativa agli alloggi popolari né giustificata da ragioni di controllo sulle dichiarazioni rese dai candidati.”


    Non solo, il Comune aveva anche stabilito nel bando che il tempo di residenza nel comune contasse 0,5 punti per ogni anno senza un limite massimo di punteggio, mentre gli altri criteri come il disagio economico, la presenza di un grande nucleo familiare avevano sia un tetto minimo che un tetto massimo di punteggio attribuibile potenzialmente inferiore se sommati insieme. 


    Questo portava alla situazione paradossale, come afferma lo stesso Tribunale “che un richiedente privo di qualsiasi particolare situazione di bisogno, per il solo fatto di essere residente in Ferrara da più di 16 anni (0,5 punti per anno) sopra avanzerebbe una famiglia che vive in condizioni inidonee, la famiglia in situazione di povertà e sotto sfratto e addirittura quella seguita dai servizi sociali per particolari situazioni di bisogno” creando una discriminazione tra cittadini ferraresi, italiani e stranieri.


    la funzione sociale delle case popolari, come ricordato dalla Corte Costituzionale, è di garantire un diritto fondamentale, quello alla casa, alle persone in difficoltà economica, ed è proprio questa la ragione che deve essere principale per l’assegnazione degli alloggi. In conclusione la sentenza, richiamando sempre la Corte Costituzionale, dice che si può prevedere che il criterio della residenza sia un elemento che concorra alla formazione del punteggio, ma ciò non può diventare un elemento determinante rispetto ad altri che rimangono più importanti nella valutazione complessiva.


    Per questi motivi il comune di Ferrara è stato condannato a modificare il bando di assegnazione delle case popolari tenendo conto dei criteri sopra descritti e a pagare le spese legali.

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